Le Batterie a Cavallo nella Storia

Propugnate da Alfonso Ferrero Marchese della Marmora, le Batterie a Cavallo nacquero l’8 aprile 1831 con Regie Patenti della Regina Maria Cristina. Si chiamano ancora così, semplicemente ed orgogliosamente: «le Batterie», per antonomasia.

Sono conosciute anche con l’ammirato ed affettuoso appellativo dialettale piemontese di «Voloire», cioè volanti, per le celeri andature e le ardite prese di posizione al galoppo.

Nelle campagne risorgimentali per l’unità e l’indipendenza d’Italia, testimoniarono con perizia e valore le proprie peculiarità. Infatti, la prima Medaglia d’Oro al Valor Militare dell’artiglieria fu conferita ad un Ufficiale delle Batterie.

Il 1° novembre 1887 fu costituito, in Milano, il Reggimento Artiglieria a Cavallo riunendo due Brigate di Batterie a Cavallo, già esistenti, ed una Brigata Treno di nuova costituzione.

Il 24 maggio 1915 il Reggimento iniziò le operazioni su 4 gruppi, uno per ciascuna divisione di cavalleria. Quando la trincea impose la sua dura legge, il Reggimento fu appiedato e, impiegato con le divisioni di fanteria, seppe adeguarsi alla nuova circostanza come può e sa chi ha virtù di soldato. Quando poi, a coronamento dell’intero ciclo bellico, le unità di cavalleria iniziarono l’inseguimento che preludeva alla Vittoria finale, le Batterie dimostrarono con perizia e valore di non aver dimenticato le proprie peculiarità.

Nel 1934, a conclusione di un ciclo di trasformazioni organiche, dovute all’esigenza di mutare l’ordinamento dell’Esercito, sia per la nuova situazione politica sia per l’introduzione di nuovi mezzi e materiali, il Reggimento a Cavallo diede vita al 1°, 2° e 3° Reggimenti di Artiglieria Celere, ciascuno su un gruppo a cavallo e due gruppi motorizzati.

Nei primi mesi del 1941 i tre «Articeleri», con i soli gruppi motorizzati, furono inviati nel teatro di operazioni dell’Africa settentrionale, dove si distinsero per rapidità di movimento ed efficacia di fuoco. Si sacrificarono quasi per intero condividendo le sorti di fanti, bersaglieri, paracadutisti e camice nere nel tentativo di contenere l’impeto della travolgente avanzata nemica, sino all’estremo baluardo di El Alamein.

Nel luglio del 1941 i tre gruppi a cavallo, rimasti in Patria, furono riuniti per dare vita al III Reggimento Artiglieria a Cavallo, il quale, destinato al Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR), avanzò con Savoia Cavalleria, Lancieri di Novara e III Bersaglieri sino al Don. Successivamente partecipò all’odissea del ritorno sostenendo fino all’estremo sacrificio le azioni di fanti, cavalieri, alpini, bersaglieri e camice nere, immolando uomini, cavalli e cannoni.

Nel dicembre del 1941 fu costituito, con personale e mezzi dei «Celeri», il 201° Reggimento Artiglieria Motorizzato. Destinato anch’esso al fronte Russo, offrì generosamente la protezione dei suoi pezzi controcarro a tutte le unità dell’Armata Italiana in Russia (ARMIR), sacrificandosi in durissimi scontri da schieramenti avanzati contro la marea dei mezzi corazzati sovietici.

Dal 1943 al 1945 artiglieri di ogni grado delle diverse Unità crinite presero parte alla campagna d’Italia nei Gruppi di Combattimento del risorto Regio Esercito italiano e nelle formazioni resistenziali spontaneamente costituitesi.

Nell’intero ciclo e su tutti i teatri di operazioni, le diverse componenti nate dall’antico ceppo delle Batterie a Cavallo dimostrarono con perizia e valore di averne conservate intatte le specifiche peculiarità.

Il 20 novembre 1946 rinasce, fra le prime unità del ricostituito esercito, il Reggimento Artiglieria a Cavallo che da allora ha cambiato più volte fisionomia organica e di materiali, mantenendosi così al passo con l’evoluzione della dottrina dell’artiglieria.

Dal 2005 il Reggimento è ritornato nel solco delle sue peculiarità storiche, essendo entrato di pieno diritto nella Brigata di Cavalleria Pozzuolo del Friuli.

Pur attraverso i cambiamenti, il Reggimento ha sempre conservato l’amore per le proprie tradizioni e la fierezza delle sue peculiarità, senza tuttavia chiudersi nei suoi, pur immortali e gloriosi, ricordi. 

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